Aspettando il Natale, dopo la perdita dell’animale d’affezione
di Pier Luigi Gallucci, psicologo e psicoterapeuta autore del volume “Il dolore negato. Affrontare il lutto per la morte di un animale domestico” ed. Graphe.it
L’esperienza del dolore è soggettiva e personale; ma quando la perdita è riferita non a un’altra persona bensì a un animale d’affezione, è più complicato affrontare il lutto?
Più che complicato o meno, è differente. È vero che ci sono meccanismi psicologici che sono comuni nell’elaborazione del lutto quando muore una persona a noi cara e quando quando perdiamo un animale domestico, come le emozioni di shock, tristezza, rabbia o senso di colpa che spesso vengono sperimentate. Ma ci sono anche aspetti specifici che contraddistinguono il lutto per gli animali d’affezione legati proprio al tipo di legame particolare che noi umani creiamo con loro: cani e gatti (ma non solo) sono completamente dipendenti da noi nelle cure materiali e non; per tutta la loro esistenza nascono, vivono e muoiono dentro le nostre vite; si attiva con loro una relazione particolare nutrita non tanto di parole a livello cosciente, ma soprattutto genuinamente affettiva, meno mediata da filtri verbali e razionali, fondata su affetto incondizionato e fiducia reciproca, senza conflitti e giudizi che la possono rendere più calda ed empatica rispetto a quella con le altre persone. Queste caratteristiche di legame così profondo in vita, che si spezza nel momento della malattia e della perdita, portano grande sofferenza, paragonabile al lutto per una persona cara, soprattutto quando viene meno il riconoscimento sociale e di comunità e viene minimizzato il dolore del lutto da chi ci sta intorno (quante volte abbiamo sentito dire “Ma era solo un cane/gatto!”).
La morte del proprio animale domestico non significa perdere semplicemente un animale, ma significa perdere un compagno-non-umano, come se fosse un vero e proprio membro della famiglia, di cui ci si prendeva cura e da cui eravamo, in un modo più o meno consapevole, “curati”.
Non si può ignorare questo dolore o definirlo di serie B. Nella nostra società, si sta sviluppando una più aperta sensibilità a riconoscere la relazione tra essere umano e animale?
Fortunatamente sì. Ormai da anni, anche all’interno di un rinnovato interesse per l’ecologia e il rispetto dell’ambiente naturale, nel nostro mondo occidentale c’è una crescente attenzione per il rapporto tra noi umani e gli animali, in particolare domestici, in diversi ambiti: basta pensare ad esempio al marketing che dà sempre più spazio e visibilità agli animali nella pubblicità o ai sempre più diffusi negozi dedicati all’alimentazione e accessori per cani o gatti; alla giurisprudenza, che sempre più si trova a regolamentare lo status degli animali domestici all’interno di famiglie e coppie, magari in caso di separazione dei coniugi; al mondo online dei canali social dove sono presenti spazi informativi dedicati e c’è la possibilità di condividere storie di vita anche quotidianamente; alla crescente richiesta e offerta di servizi di onoranze funebri per quando muore un pet; alla psicologia stessa che conferma da tempo come adottare un animale domestico come compagno di vita sia una scelta che ha effetti benefici sulla salute psicologica e fisica, e che è sempre più presente (e meno stigmatizzata di un tempo, anche a livello culturale) anche nel momento di sostegno e accompagnamento al lutto per un animale domestico.
La morte dell’animale che ha fatto parte della propria vita può rappresentare un’esperienza difficile da superare. Che cosa si può fare, basta accogliere in casa un altro animale?
Purtroppo non è così semplice, anche se può essere una delle possibilità (l’importante è che sia ponderata, e non dettata dall’impulsività di non tollerare il vuoto e la mancanza) nel percorso soggettivo di elaborazione del lutto.
I segni del dolore psicologico – che si possono manifestare con stordimento, shock, rabbia, tristezza, pensieri intrusivi, sentimenti di colpa e rimpianti, nostalgia, sollievo perfino – sono passaggi inevitabili del percorso che conduce all’accettazione e alla riorganizzazione della propria vita senza il nostro animale che non c’è più.
Il percorso di elaborazione del lutto richiede non negazione ma riconoscimento, non solitudine ma condivisione: fare finta di niente o reprimere emozioni e sentimenti non fa che rendere più difficile prendere atto del distacco e prolungare la sofferenza.
Il primo passo per elaborare il lutto è non vergognarsi di soffrire. Per riprendersi dopo la morte di un animale domestico, è necessario imparare a fare i conti gradualmente con i cambiamenti (interni ed esterni) che la perdita porta con sé. Bisogna accettare il dolore che si prova, dargli senso e valore per viverlo, voce e parole per esprimerlo.
Poiché si sta affrontando un momento di crisi e fragilità, è importante evitare di esporsi al rischio di ulteriori ferite legate a incomprensioni o derisioni: meglio chiedere ascolto e sostegno a chi ci capisce e non giudica le nostre emozioni, in modo attento ed empatico.
Ma è importante anche darsi tempo, il proprio tempo: per esprimere ciò che si prova, per chiedere comprensione e ascolto non giudicante, per commemorare il proprio amato animale, per chiedere (se necessario) aiuto psicologico.
La nostalgia e il senso di attaccamento, anche se è già passato del tempo dalla morte dell’animale, in concomitanza delle festività natalizie si riacuiscono. Cosa suggerisce per attraversare questo periodo senza sprofondare nella tristezza?
È sempre curioso e paradossalmente significativo ricordarci che è nell’assenza che si sente più acuta la presenza di chi non è più con noi, degli animali domestici che abitano nelle nostre case, che vivono al nostro fianco per interi tratti delle nostre vite.
Il periodo delle feste natalizie è per molte persone sinonimo di gioia e calore familiare, per altri è invece un periodo di angoscia, tristezza e vuoto. I motivi possono essere molti, ma la maggior parte di questi sentimenti negativi è dovuta al fatto che, proprio perché l’atmosfera generale è piena delle luci colorate delle feste, ci accorgiamo, con maggior consapevolezza e contrasto, di chi o cosa ci manca davvero.
L’invito che posso fare è quello di non disprezzare questi sentimenti, ma accoglierli e riconoscerli come parte di noi. Interrogarli perfino per dar loro spazio e voce, e chiedersi cosa in passato ci ha fatto sentire sereni e cosa potrebbe farlo oggi. Anche se l’animale non è più con noi nella realtà fisica, non scompare completamente, ma continua a sopravvivere dentro di noi: è grazie a lui che possiamo prenderci cura del nostro benessere emotivo, apprezzare ancora di più l’eredità di quell’animale nella nostra vita proprio ora che non c’è più, nel ricordo della bellezza unica e irripetibile di quella relazione d’affetto che sopravvive e oltrepassa la morte.